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“Gilet gialli”, dopo la Francia sarà “rivolta” in tutta Europa?

Proseguono da settimane, in Francia, le proteste contro l'esecutivo di questo particolare movimento che rappresenta un forte malessere sociale e a cui si stanno ispirando altri manifestanti in diversi stati: i governi dovrebbero tener conto del malcontento di alcuni strati della popolazione, per non rischiare di venirne travolti.

“Gilet gialli”, dopo la Francia sarà “rivolta” in tutta Europa? 14 Dicembre 2018Lascia un commento

Sono nato nel 1982 a Roma, e sono sempre vissuto, e vivo tuttora, nel quartiere Balduina, a cui sono molto affezionato e che considero uno dei migliori della città, ma di cui, al tempo stesso, conosco pure i difetti e gli aspetti che andrebbero migliorati.

Nelle ultime settimane, la Francia è stata attraversata da forti moti di protesta, portati avanti dai cosiddetti “gilet gialli”, soprannominati in tal modo perché, durante le proteste, indossavano i giubbotti retro-riflettenti obbligatori per chi scende dall’auto lungo la strada. Le manifestazioni sono cominciate sabato 17 e domenica 18 novembre, quando decine di migliaia di persone hanno bloccato le strade del paese per protestare principalmente contro gli aumenti del prezzo della benzina decisi dal presidente Emanuel Macron e, alla fine, contro il suo governo. Durante le proteste vi sono stati anche sei morti, oltre mille feriti e circa altrettanti fermati, visto che queste, talora, sono state anche violente, soprattutto a Parigi, dove diversi facinorosi si sono infiltrati nel corteo, nei pressi degli Champ Elysees, e la polizia ha risposto con fermezza. Dopo quattro domeniche di scontri, però, i “gilet gialli” hanno ottenuto importanti concessioni dal presidente francese, che già una settimana fa aveva annunciato l‘annullamento della tassa sui carburanti per tutto il 2019, e martedì, intervenendo in televisione, ha dichiarato: “Non dimentico la collera dei francesi. Questa indignazione è condivisa da molti, non posso sminuire la loro collera”, pur precisando che “la violenza è inaccettabile”. Macron ha quindi fatto sapere che, dal 2019, il salario minimo dei francesi aumenterà di 100 euro, e che sarà annullata la contribuzione sociale generalizzata per i pensionati che guadagnano meno di duemila euro al mese.

Il presidente francese, comunque, non ha convinto appieno i manifestanti, la cui protesta prosegue in tutto il Paese, con blocchi e mobilitazioni. Ma chi sono, e cosa vogliono davvero, questi “gilet gialli”, che stanno di fatto tenendo in scacco uno degli stati fondatori dell’Unione Europea, e alle cui lotte si inizia a guardare anche altrove? Innanzitutto l’aumento delle tasse sui carburanti, che il governo voleva introdurre nell’ambito di politiche volte a migliorare la qualità dell’aria, sembra essere stato solamente la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, facendo esplodere un malessere che covava da tempo, in particolare nelle aree rurali del paese e fra alcuni ceti sociali, come gli operai, che, secondo l’Institut d’Etudes Marketing et Opinion, appoggerebbero la protesta al 62 per cento, i disoccupati, che la sosterrebbero al 56 per cento, i pensionati e gli studenti, che vi hanno aderito di recente. Sono dunque ceti sociali in condizioni di difficoltà economiche, anche se non sono necessariamente al livello degli abitanti delle “banlieue” parigine, e che avrebbero risentito maggiormente degli aumenti del costo del carburante, in quanto, spesso, sono pendolari che devono percorrere distanze anche lunghe per recarsi al lavoro in auto.

Più complessa è invece la collocazione politica di questi dimostranti: va infatti ricordato che tutto è iniziato con una petizione per chiedere la riduzione del prezzo della benzina lanciata su Change.org, già a maggio, dalla 32enne Priscilla Ludovsky, seguita poi da un evento Facebook per “bloccare tutte le strade francesi” creato da due camionisti trentenni, e da video divenuti virali e realizzati generalmente da cittadini comuni, anche se talvolta anche da persone impegnate in politica, come Franck Buhler, membro del partito neogollista “Debout la France” (Alzati Francia). Vi è comunque un‘assenza pressoché totale di leader, nonché di partiti o altre strutture, dietro al movimento, che si sarebbe costruito proprio con il procedere della discussione su Facebook, e pertanto, secondo “Liberation”, è sbagliato sostenere che abbia alle spalle l’estrema destra. Il presidente Macron rimane però fra i principali bersagli dei “gilet jaunes”, per cui l’opposizione ha cercato di cavalcare la protesta per mettere in difficoltà il suo esecutivo, e ciò a iniziare dai partiti di destra, come Debout La France, Rassemblement National-l’ex Front National di Marine Le Pen– e Les Républicains, mentre quelli di sinistra, all’inizio, hanno un pò esitato, finché anche “La France Insoumise”, il partito di Jean-Luc Mélenchon, ha deciso di sostenere esplicitamente i manifestanti.

Si possono inoltre rintracciare delle similitudini tra tale movimento e quello che, nel nostro Paese, è stato rappresentato dai cosiddetti “Forconi”, che, guidati dal “coordinamento 9 dicembre”, in tale giorno del 2013 hanno inscenato proteste in varie parti d’Italia, anche se, numericamente, erano molti di meno ed erano più orientati a destra: in entrambi i casi, infatti, fra i manifestanti possiamo trovare piccoli commercianti, ambulanti e, in generale, esponenti di una piccola borghesia che teme di scivolare verso il “basso” nella piramide sociale, e i tutti e due i casi la protesta si è avvalsa parecchio di Facebook. Vi sono, chiaramente, molte affinità anche con quel partito che, qui da noi, faceva spesso riferimento al “popolo” e alla volontà popolare, e che pertanto è stato spesso definito “populista”, ma che ora si trova al governo, ossia il Movimento 5 Stelle, il cui leader Beppe Grillo, in un’intervista al “Fatto Quotidiano”, ha infatti dichiarato: “Vogliamo le stesse cose, non parlano solo di tasse, vogliono il reddito di cittadinanza, pensioni più alte”. 

I “gilet gialli”, del resto, stanno riscuotendo consensi anche in Germania, dove i lavoratori del sindacato dei ferrovieri Evg, sabato scorso, hanno scioperato bloccando il traffico su rotaia e indossando anche loro un giubbotto giallo, mentre alcuni candidati del partito di estrema sinistra Sgp hanno detto che il movimento francese dovrebbe essere d’ispirazione. A Bruxelles, invece, alcuni manifestanti con il giacchetto giallo si sono scontrati con la polizia, mentre altri avevano bloccato temporaneamente un’autostrada vicino al confine con la Francia, protestando contro il costo della vita e chiedendo le dimissioni del governo, e anche in Olanda i contestatori del premier Rutte, lo scorso primo dicembre, avevano indossato tale indumento. In Italia è nato il Coordinamento italiano gilet gialli Italia, il cui coordinatore, Giancarlo Nardozzi, ha spiegato: “Non siamo contro il governo, che abbiamo sostenuto, ma contro l’Europa“. Quest’ultima, del resto, sembra rappresentare un nemico comune per questi dimostranti, dato che Macron è un convinto europeista, così come la cancelliera tedesca Merkel, e, secondo alcuni analisti, persino il presidente americano Trump e quello russo Putin potrebbero aver interesse ad appoggiare gruppi nazionalisti che, giunti al potere, puntino a disgregare l’Unione Europea.

Sicuramente, comunque, tutti questi movimenti sono espressione di un forte malcontento, se non di una vera e propria rabbia, sviluppatasi a livello dei ceti medio-bassi, che, con la crisi, si sono ulteriormente impoveriti, hanno visto, in questi anni, crescere il divario con le classi più abbienti e si sono sentiti spesso trascurati e quasi abbandonati da buona parte dei partiti. E’ difficile, ad ora, prevedere come si evolveranno tali contestazioni, se, in Francia, arriveranno al punto da provocare una crisi di governo, se, oltre che in questo paese, esse potranno destabilizzare gli assetti politici anche in altri stati, né se rimarranno senza una precisa collocazione politica o si orienteranno più verso destra o verso sinistra. Sicuramente, però, l’esecutivo francese e quelli degli altri paesi europei non possono più ignorare tale malcontento, né possono disinteressarsi delle necessità e dei bisogni di vasti strati delle loro popolazioni, se non vogliono che questa rabbia aumenti fino a travolgerli, con il rischio, però. che poi possano giungere al potere forze estremiste e anti-europee. La stessa Unione Europea, del resto, dovrebbe curare di più i veri interessi dei suoi popoli, in modo da non essere percepita così distante da questi, prima che non sia troppo tardi e la sua disgregazione non diventi ineluttabile.

Sono nato nel 1982 a Roma, e sono sempre vissuto, e vivo tuttora, nel quartiere Balduina, a cui sono molto affezionato e che considero uno dei migliori della città, ma di cui, al tempo stesso, conosco pure i difetti e gli aspetti che andrebbero migliorati.

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