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Riusciranno le “sardine” ad arginare il populismo leghista?

E' comparso sulla scena da un mese e mezzo questo movimento che porta in piazza ogni volta migliaia di persone contro la Lega e il suo modo di fare politica: ai pochi punti programmatici già individuati, però, se ne dovrebbero forse aggiungere altri, e in particolare la lotta contro le disuguaglianze.

Riusciranno le “sardine” ad arginare il populismo leghista? 4 Gennaio 2020Lascia un commento

Sono nato nel 1982 a Roma, e sono sempre vissuto, e vivo tuttora, nel quartiere Balduina, a cui sono molto affezionato e che considero uno dei migliori della città, ma di cui, al tempo stesso, conosco pure i difetti e gli aspetti che andrebbero migliorati.

Si è affacciato sulla scena politica da circa un mese e mezzo un movimento che riesce a portare nelle piazze ogni volta diverse migliaia di persone, accomunate principalmente dal voler dire “basta” alla Lega e ai suoi toni populisti e sovranisti, e che è stato chiamato il movimento delle “sardine”. Uno dei fondatori, infatti, è un giovane bolognese di 32 anni, Matteo Santori, che non voleva accettare che persino nella “rossa” Emilia il leader leghista Matteo Salvini riuscisse a riempire le piazze di suoi militanti, nella campagna a sostegno della sua candidata alla presidenza della Regione Emilia-Romagna Lucia Borgonzoni, e che pertanto, il 14 novembre, quando era prevista la manifestazione della Lega a Bologna, ha organizzato, assieme ad altri suoi amici, una contro-manifestazione a cui hanno partecipato circa quindicimila persone. Il termine “sardine” sarebbe derivato proprio dall’idea di stare tutti stretti come questo pesce, ma in tanti, e silenziosi, per abbassare i toni della “retorica populista”. Dopo il successo di Bologna, Santori e gli altri hanno quindi organizzato un’altra manifestazione a Modena, a cui hanno partecipato in settemila, e poi, via via, in altre città dell’Emilia-Romagna e, poi, di tutta Italia, quindi non più soltanto contro la candidatura della Borgonzoni, ma più in generale contro la Lega e il suo modo di fare politica, riuscendo a portare in piazza, ogni volta, diverse migliaia di persone.

Decisivo è stato anche l’appuntamento di sabato 14 a Roma, dove le “sardine” sono riuscite a riempire, con 35mila persone per la questura, ma oltre centomila secondo gli organizzatori, piazza San Giovanni, una piazza cara al centrosinistra, in quanto qui si svolgevano molte sue manifestazioni, ma dove, di recente, si è svolto anche un raduno della Lega. Chiaramente, ora, il movimento è più organizzato rispetto all’inizio, e vi sarebbero in tutto venticinque persone che lo gestiscono gratuitamente, e che però, al momento, preferiscono non apparire, delegando principalmente Santori a fare da portavoce. In molti, soprattutto fra quanti osteggiano questo movimento, sostengono che, dietro di loro, ci potrebbero essere i “vecchi” partiti di centrosinistra, ma in realtà Santori, laureato in Economia e Diritto, non è mai stato iscritto a nessun partito, anche se fa il ricercatore presso il RIE, una società che lavora nel campo dell’energia tramite attività di consulenza e ricerca e che è stata fondata da Alberto Clò e dall’ex premier Romano Prodi. 

I fondatori assicurano che, per ora, non vi è l’intenzione di fare un partito, ma, dopo la manifestazione di Roma, si sono incontrati i 150 organizzatori delle manifestazioni in 70 diverse città e hanno elaborato sei punti programmatici: «Uno: pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a lavorare; Due: chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solo attraverso i canali istituzionali; tre: pretendiamo trasparenza dell’uso che la politica fa dei social network; Quattro: pretendiamo che il mondo dell’informazione traduca questo nostro sforzo in messaggi fedeli ai fatti; Cinque: che la violenza venga esclusa dai toni della politica e anzi che la violenza verbale venga equiparata a quella fisica; Sei: abrogare il decreto sicurezza di Matteo Salvini». Il movimento ha inoltre annunciato che il “prossimo passo è tornare sui territori”, e che “sarà dedicata particolare attenzione alle prossime elezioni in Calabria e, soprattutto, in Emilia Romagna”. Si tratta di principi condivisibili, anche se, chiaramente, al momento insufficienti per considerare il movimento come una vera e propria forza politica o come un partito, che comunque non intendono essere, ma ci si domanda, pertanto, quale potrebbe essere la loro evoluzione e quale sarà il peso che continueranno ad avere sulla scena politica italiana.

Va innanzitutto ricordato che, in realtà, non è del tutto una novità, anche in Italia, la presenza di movimenti che riescono a coinvolgere, magari portandole in piazza, molte persone su determinati temi politici e a catalizzare, così, l’attenzione dei media, pur non essendo dei veri e propri partiti. E’, in parte, anche il caso del Movimento 5 Stelle, che ai suoi albori, tra il 2005 e il 2008, altro non era che una rete di meet-up in cui si discutevano varie tematiche, per lo più di carattere ambientale e riprese dai post del blog del fondatore Beppe Grillo, prima che, nel 2008, inizi a presentare alcune liste alle elezioni amministrative e poi, il 4 ottobre 2009, lo stesso Grillo dichiara la nascita del Movimento. Il M5S, però, è così passato, in pochi anni, dall’essere una forza “anti-sistema” a diventare, nel 2013, il secondo partito italiano e, nel 2018, il primo, ottenendo il 32 per cento dei consensi, e diventando quindi un partito di governo, dovendosi però alleare prima con la Lega e poi con il Pd. Ci sono, comunque, non poche differenze tra questo movimento e quello dei “grillini”, anche degli inizi: innanzitutto vi è una differenza ideologica, in quanto il M5S ha sempre rifiutato di schierarsi a destra o a sinistra, poiché ritengono tale dicotomia superata, mentre le “sardine”, essendo sostanzialmente nate in contrapposizione alla Lega e ai suoi messaggi, hanno lasciato subito intendere di essere di sinistra, pur non essendo legate a nessun partito.

Anche riguardo ai contenuti, i “pentastellati”, soprattutto all’inizio, insistevano molto sulla lotta alla “casta” della politica e ai privilegi dei politici, di qualsiasi schieramento, anche con toni molto accesi, come quando, l’8 settembre 2007, si è tenuto il “V-Day”, o “Vaffanculo Day”, per raccogliere le firme per presentare una legge di iniziativa popolare che introducesse le preferenze nella legge elettorale e impedisse di candidarsi in Parlamento ai condannati penali o a chi avesse già espletato due legislature. Le “sardine”, invece, sembrano chiedere quasi il contrario, ad esempio quando chiedono che “la violenza venga esclusa dai toni della politica“, anche quella “verbale”. Alcuni anni fa erano sorti anche altri movimenti spontanei che riuscivano a portare in piazza molte persone, principalmente contro l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e in difesa della legalità, come i “girotondi“, formatisi nel 2002, o il “Popolo Viola“, che tra la fine del 2009 e l’inizio del 2012 manifestava principalmente contro l’ex Cavaliere e il “berlusconismo”. Tali movimenti, però, hanno avuto, alla fine, vita abbastanza breve, forse proprio perché si ponevano più come delle forze “contro” qualcosa o qualcuno che a favore di determinate idee o proposte politiche, ed è stato probabilmente questo il loro principale limite, nonché la causa della loro estinzione, e rischia di esserlo anche per le “sardine”.

La presenza di questi movimenti d’opinione spontanei è comunque sempre positiva in democrazia, indipendentemente dalla loro forza reale e dalla loro capacità effettiva di raggiungere determinati obiettivi, tuttavia anche quello delle “sardine”, proprio per non disperdere le tante energie fin qui accumulate, dovrebbe forse individuare altri punti programmatici, oltre ai sei già annunciati, per cui battersi e in cui far rientrare la battaglia contro il populismo leghista. Uno dei problemi forse più importanti da affrontare, e a cui legare la lotta contro il partito di Salvini, sono probabilmente le disuguaglianze sociali, ancora troppo forti in Italia, e che costringono almeno cinque milioni di persone a vivere al di sotto della soglia di povertà: solo riportando al centro dell’attenzione e trattando tali questioni concrete, che riguardano la vita di milioni di persone, oltretutto, si può controbattere con forza a quanti, anche a sinistra, sono ancora scettici su tale movimento e, soprattutto, si può cercare di arginare il populismo, che, spesso e volentieri, trae linfa proprio dal malessere sociale.

Sono nato nel 1982 a Roma, e sono sempre vissuto, e vivo tuttora, nel quartiere Balduina, a cui sono molto affezionato e che considero uno dei migliori della città, ma di cui, al tempo stesso, conosco pure i difetti e gli aspetti che andrebbero migliorati.

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