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Confindustria Cuneo, i giovani non sono merce per le aziende

Il presidente degli industriali cuneesi ha scritto una lettera alle famiglie alle prese con l'iscrizione dei figli alle scuole illustrando "le esigenze delle nostre imprese": la classe imprenditoriale e quella politica dovrebbero invece garantire il diritto ad un lavoro con delle tutele.

Confindustria Cuneo, i giovani non sono merce per le aziende 4 Febbraio 2018Lascia un commento

Sono nato nel 1982 a Roma, e sono sempre vissuto, e vivo tuttora, nel quartiere Balduina, a cui sono molto affezionato e che considero uno dei migliori della città, ma di cui, al tempo stesso, conosco pure i difetti e gli aspetti che andrebbero migliorati.

Non ha destato scalpore più di tanto la notizia della lettera aperta scritta dal presidente della Confindustria di Cuneo Mauro Gola alle famiglie cuneesi alle prese con la scelta delle scuole superiori per i loro figli, in cui sembra quasi invitare i ragazzi a studiare per diventare operai. Egli, infatti, in tale lettera spiega dapprima che “qualsiasi percorso individuerete, avrete fatto una buona scelta”, ma poi aggiunge che “è nostro dovere come imprenditori segnalarvi le esigenze delle nostre imprese, quindi “la cosa più giusta da fare” è “capire quali sono le figure che le nostre aziende hanno intenzione di assumere nei prossimi anni”. Gola sottolinea quindi: “Nel 2017 le aziende cuneesi, nel loro complesso, hanno manifestato l’intenzione di inserire circa 40mila nuovi lavoratori. Di questi, il 38% sono addetti agli impianti e ai macchinari, il 36% operai specializzati, il 30% tecnici specializzati. Queste sono le persone che troveranno subito lavoro una volta terminato il periodo di studi, di cui le nostre imprese hanno estremo bisogno e che spesso faticano a reperire”.

A questo singolare messaggio, che, in effetti, parrebbe un invito a finalizzare la scelta della scuola all’assunzione in qualche azienda in qualsiasi ruolo, ha replicato la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli, per la quale quanto affermato dal presidente della Confindustria di Cuneo è “inaccettabile” ed egli “ha dato un messaggio sbagliato verso le imprese, gli studenti e le famiglie”. Anche la Confapi (Confederazione italiana della piccola e media industria privata) di Cuneo ha però preso le distanze dalle affermazioni di Gola, definendole miopi” e spiegando: “Chi siamo noi per chiedere ai nostri figli di accontentarsi di un titolo di studio, forse gratificante nell’immediato e anche ben remunerato, ma sempre al di qua dell’orizzonte? Chi siamo noi per consigliare loro di rinunciare ad osare, di pensare in grande, e magari di cambiare il mondo?” Le parole del presidente della Confindustria di Cuneo, comunque, non sconvolgono più di tanto perché rispecchiano una mentalità purtroppo abbastanza diffusa, per la quale l’istruzione dovrebbe mirare semplicemente all’ottenimento di un posto di lavoro, anche non particolarmente qualificato, e non ad una formazione più complessiva della persona.

Anche il sistema scolastico, del resto, sembra essersi adeguato a tale mentalità, al punto da aver reso obbligatoria, con la riforma della “buona scuola”, la cosiddetta “alternanza scuola-lavoro”, che prevede un certo numero di ore di esperienza pratica che gli studenti devono acquisire all’interno di un’azienda, e che talvolta, però, sembra quasi una forma mascherata di sfruttamento del lavoro dei ragazzi. Il mercato del lavoro, inoltre, continua ad offrire poche prospettive, soprattutto per i giovani, come dimostrato, in parte, dagli ultimi dati Istat, secondo i quali, se, da una parte, il tasso di disoccupazione, a dicembre, è sceso al 10,8%, quindi è calato dello 0,1% da novembre, dall’altra è sceso dello 0,3% rispetto a novembre (ossia di 66 mila unità) anche il numero degli occupati, e se, da una parte, è aumentato dello 0,8% (173mila unità) il numero di occupati su base annua, dall’altra tale crescita riguarda quasi esclusivamente i lavori a termine, aumentati di 303 mila unità, mentre quelli permanenti sono diminuiti di 25 mila unità.

Un’altra notizia che fa riflettere amaramente su tale argomento è quella dell’introduzione, nei magazzini del colosso Amazon, di un braccialetto elettronico che dovrebbe essere indossato dai dipendenti, in teoria per guidarli nel loro lavoro e per velocizzare quest’ultimo, ma che, in pratica, li controllerebbe in ogni movimento. Il lavoro, dunque, è sempre più precario, meno garantito e con meno diritti, e riforme come quella del “Jobs Act”, di fatto, non hanno fatto che incrementare tale tendenza. Il messaggio della Confindustria di Cuneo, da una parte, potrebbe apparire quindi quasi come una constatazione di una realtà purtroppo molto difficile, con dei suggerimenti per cercare di adattarvisi al meglio, tuttavia è indispensabile che la classe imprenditoriale, e soprattutto la classe politica, cerchino di migliorare tale realtà, la prima non vedendo nei giovani che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro quasi una “merce” da poter utilizzare a proprio piacimento, e la seconda riaffermando nella pratica, incrementando e favorendo l’occupazione, il diritto al lavoro, previsto anche dalla Costituzione, che però, a sua volta, dovrebbe essere anche un lavoro con dei diritti, non estremamente precario come ormai, purtroppo, è diventato, e che, in molti casi, rasenta lo sfruttamento.

Sono nato nel 1982 a Roma, e sono sempre vissuto, e vivo tuttora, nel quartiere Balduina, a cui sono molto affezionato e che considero uno dei migliori della città, ma di cui, al tempo stesso, conosco pure i difetti e gli aspetti che andrebbero migliorati.

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